lunedì 19 marzo 2012

Ciro il Grande: un sovrano illuminato e dalla grande indole militare.


Il regno persiano si affermò con il re Ciro II a partire dal 558 a. C.; i persiani guidati da Ciro II riuscirono a conquistare i vari territori dell'altopiano iranico, sottomettendo il popolo dei Medi, da cui acquisirono usi e costumi. Il celebre sovrano persiano fu il capostipite quindi della dinastia degli Achemenidi, gettando le basi del glorioso Impero che sarebbe stato in grado di fronteggiare, con i suoi futuri sovrani, gli antichi Greci in varie battaglie.

L'ascesa del sovrano persiano iniziò con la conquista della città di Ecbatana nel 550 a. C. Nel giro di pochi anni egli riuscì a conquistare nuove terre: nel 549 a. C. sconfisse suo cugino Arsame e riuscì ad annettere il regno di Parsua, due anni dopo si scontrò con le armate del re Creso di Lidia e, dopo averlo sconfitto in varie battaglie, lo costrinse alla resa finale nella Capitale del regno, Sardi (Asia Minore).
Grazie alle vittorie riportate tra il 545 a. C. e il 539 a. C., Ciro II ottenne i territori dell'Aracosia, della Battriana, della Drangiana, della Corasmia e della Sogdania. 
Il regno persiano diventava dunque sempre più importante e i suoi territori si espandevano fino all'Asia Minore, allo Iaxarte e all'Oxus. Ciro il Grande combatté un'altra grande battaglia nel 539 a. C., conquistando il regno babilonese. Il sovrano ebbe il consenso dei babilonesi, poiché permise alla vecchia classe dirigente di rimanere al potere e rispettò inoltre gli usi, i costumi e la religione locale. 
Uno dei primi provvedimenti importanti adottati dal sovrano persiano fu l'Editto del 538 a. C. con cui permise al popolo ebraico di ritornare nella propria terra natale e di ricostruire a Gerusalemme il proprio tempio.

Varie gloriose battaglie furono combattute dal grande esercito persiano, che riuscì ad annettere nuovi territori come la Siria, varie città fenicie e alcune regioni e confini nordorientali della Persia. Gli unici territori che Ciro II non riuscì a conquistare furono l'Egitto e Sparta, anche se progettava da tempo la loro annessione che sarebbe dovuta avvenire con grandi campagne militari.
Queste annessioni territoriali sarebbero state condotte dopo la sua morte per opera dei suoi successori al trono.  Ciro II, detto Il Grande, garantì lo sviluppo culturale e politico del grande regno che aveva creato; in primo luogo il re decise di porre come Capitale del suo regno la città di Pasargade, facendovi costruire monumenti fastosi e regali. In questa città venne costruito il palazzo reale e la celebre tomba del sovrano.
In futuro però la Capitale dell'Impero Persiano sarebbe diventata Persepoli, che fu poi nota per l'investitura regale dei vari sovrani.

Ciro il Grande fu un re molto rispettoso delle tradizioni, degli usi e delle religioni dei popoli sottomessi, amministrando quindi con grandezza e saggezza i suoi vasti territori. Egli era anche amante dell'arte e della cultura e era anche noto per le sue grandi abilità militari. Il primo re della dinastia degli Achemenidi morì nel 529 a. C. durante la campagna militare persiana contro i Massageti, popolazioni nomadi dell'Asia centrale, che in quel periodo stavano minando i confini orientali del grande Impero.

Ciro il Grande fu un sovrano illuminato, celebre per la sua grande umanità e per il suo amore per la cultura e l'arte. Egli però non riuscì a concludere il suo grande progetto, ovvero quello di trasformare dal punto di vista politico lo Stato persiano.    


domenica 4 marzo 2012

La lotta degli indiani americani e delle femministe chicane per l'ottenimento dei propri diritti.


Nel corso degli anni Sessanta anche gli indiani americani e le femministe chicane iniziarono la loro lotta per l'ottenimento di diritti fondamentali. Gli indiani americani erano costretti a vivere nelle riserve e avevano subito  passivamente le concessioni fatte loro dai bianchi americani. Nel 1924 divennero ufficialmente cittadini, anche se dieci anni dopo gli indiani americani iniziarono a formare dei governi di tipo tribale e, nonostante avessero ottenuto la cittadinanza, erano considerati come delle persone differenti rispetto ai bianchi americani dal punto di vista culturale.
Con il passare degli anni la situazione stava diventando sempre più insostenibile per loro: la disoccupazione era salita notevolmente, raggiungendo il 40%, molti giovani si suicidavano e con il tempo queste popolazioni stavano perdendo la propria identità culturale. Nel 1944 fu fondato il National Congress of American Indians, un'organizzazione che si prefiggeva quale obiettivo quello di ottenere i diritti degli indiani americani e delle popolazioni native dell'Alaska.
Quest'importante organizzazione inoltre aveva anche altri due importanti obiettivi: unire le tribù delle popolazioni  native americane e di recuperare la propria identità etnica e culturale.

Dopo anni difficili contrassegnati da umiliazioni e dalla perdita della loro identità culturale e etnica, nel 1961 finalmente i giovani di queste popolazioni iniziarono a pensare che era necessario fare qualcosa per cambiare il loro status sociale e per cercare di riconquistare i loro diritti.
Essi quindi si organizzarono per bene e fondarono l'Indian Youth Council, che si era prefisso quale fine quello di voler lottare in modo non violento per il riconoscimento dei loro diritti fondamentali. La lotta per il raggiungimento dei diritti fondamentali fu pacifica, anche se all'interno del movimento indiano vi era una frangia radicale, l'American Indian Movement, che fu protagonista di due episodi molto importanti: l'occupazione di Wounded  Knee e del Boureau of Indians Affairs, sito a Washington.


Se i giovani indiani volevano cambiare la situazione in cui si trovavano, anche le femministe chicane volevano lottare per il riconoscimento dei loro diritti basilari; nel 1971 quindi esse si diedero da fare per organizzare la prima conferenza nazionale femminista chicana.
La scrittrice Gloria Anzaldùa è considerata come una delle principali esponenti del femminismo chicano e nei suoi scritti uno dei temi ricorrenti è il confronto tra culture e civiltà diverse. Nei suoi testi viene più volte descritto il concetto di frontiera, che viene visto non come un elemento che divide, ma che al contrario è mobile. Inoltre vivere nella frontiera non è così semplice, poiché richiede un dialogo costante e tanta diplomazia.

L'elemento che accomunava il movimento degli indiani americani e le femministe chicane era quindi quello di voler raggiungere con mezzi pacifici i propri diritti che venivano loro negati dal governo federale bianco.



martedì 14 febbraio 2012

Sandro Botticelli: tra mito e natura.


Sandro Botticelli nacque nel 1445 a Firenze da una famiglia di modesta condizione sociale. Dal 1464 al 1467 Sandro Botticelli svolse il suo apprendistato presso la bottega del maestro Filippo Lippi; nel 1470 quest'ultimo morì e il Botticelli aprì una bottega propria.
Il celebre pittore fiorentino si distingueva dai suoi colleghi artisti, infatti, nelle sue opere artistiche rappresentava la bellezza in tutti i suoi aspetti. Il suo obiettivo era inoltre quello di rappresentare la grazia e i sentimenti dei soggetti rappresentati. Un altro aspetto che caratterizzava le opere artistiche del celebre pittore era la prevalenza dell'elemento grafico rispetto all'attenzione per le tonalità cromatiche.

Uno dei dipinti più importanti del Botticelli fu la "Primavera" , realizzato intorno al 1478 ed oggi custodito presso la Galleria degli Uffizi di Firenze. Primavera è considerato un capolavoro dell'arte rinascimentale e come uno dei quadri più belli dell'artista fiorentino.
In quest'opera mito e natura si intrecciano, infatti, vengono rappresentati sia elementi paesaggistici incantevoli volti a sottolineare la bellezza e la perfezione della natura sia figure mitologiche come divinità e ninfe.
I personaggi dipinti sono divisi per gruppi; sul lato sinistro del quadro vi è un personaggio maschile colto nell'atto di cogliere un frutto da un albero e vestito con un mantello rosso e un pugnale, accanto all'uomo viene ritratto un primo gruppo composto da tre donne che danzano; al centro invece viene ritratta una giovane donna vestita di rosso e blu e un angelo (che si trova sopra di lei) colto nell'atto di scoccare una freccia.
A destra invece vi sono due donne: la prima indossa un abito di colore chiaro ornato di fiori, la seconda invece indossa solo una veste con il velo e sembra stia scappando dalla figura maschile raffigurata alle sue spalle.
Un elemento che è possibile riscontrare nell'opera è quello prospettico, il quale è determinato dalla disposizione  dei soggetti in tre distinti gruppi.

Sandro Botticelli, in questo dipinto, fece inoltre uso degli elementi chiaroscurali, infatti, utilizzò colori scuri per la colorazione dello sfondo e colori chiari per dipingere i vari personaggi. Secondo una lettura allegorica del dipinto da destra verso sinistra, il personaggio maschile che segue la donna con la veste velata sarebbe Zefiro (vento primaverile) che insegue la ninfa Clori, divinità dei fiori e della primavera; al centro invece viene rappresentata la dea della bellezza Venere e al di sopra di lei Eros, suo figlio e Dio dell'amore.
A sinistra invece vengono ritratte le tre Grazie: Aglaia, Eufrosine e Talia che simboleggiano rispettivamente lo splendore, la gioia e la prosperità. Infine sul lato sinistro è rappresentato il dio del commercio e dell'eloquenza Mercurio.

L'artista fiorentino in questo capolavoro trae ispirazione anche da fonti letterarie molto importanti, come il De rerum natura di Lucrezio e Le Metamorfosi e i Fasti di Ovidio. Nel dipinto inoltre vengono rappresentate anche varie piante e fiori: alberi d'arancio, fiordalisi, ranuncoli, crisantemi, papaveri.
Facendo un'analisi più approfondita dell'opera sembra evidente come Sandro Botticelli voglia celebrare la bellezza della natura.

martedì 7 febbraio 2012

Il femminismo in Svezia: un importante modello di emancipazione femminile.


Il movimento femminista svedese nacque alla fine del 1800, nel periodo in cui re Oscar concesse alle donne svedesi dei diritti importanti come il diritto di successione ereditaria, la libertà religiosa e importanti diritti alle donne nubili.
Grazie a un importante provvedimento del 1918 le donne svedesi ottennero anche l'estensione al suffragio, che avrebbe permesso loro di votare all'età di diciotto anni. Le donne in Svezia quindi erano molto emancipate e i diritti sociali e politici che avevano ottenuto garantivano loro di vivere meglio rispetto alle donne di altri Paesi mondiali. Negli anni Trenta inoltre lo Stato svedese concedeva loro numerosi servizi: lavanderie collettive, asili nido, ristoranti.

Anche in Svezia, come in altri Paesi europei, però il movimento femminista iniziò a essere operativo e meglio organizzato a partire dal 1968. Grazie a otto femministe svedesi venne fondato uno dei primi gruppi femministi del Paese, "il Gruppo Otto", che diede l'impulso alla nascita di nuovi gruppi. All'interno di questi circoli le militanti discutevano sulla parità tra uomo e donna che a loro avviso non era del tutto garantita neanche in Svezia.
Il 1970 fu un anno molto importante per il movimento femminista svedese, infatti, si tenne il primo Convegno femminista a cui parteciparono cento donne. Grazie alle lotte del femminismo svedese si da  grande impulso al raggiungimento della parità tra uomo e donna grazie agli insegnamenti impartiti sia ai bambini che alle bambine, alla Legge che permette alle donne di decidere autonomamente in tema di aborto a partire dal terzo mese di gravidanza. Un'importante Legge è quella sulla violenza sessuale, che sancisce delle pene molto severe anche nei casi di violenza coniugale.

Nonostante questi riconoscimenti importanti però esse oggi si sentono meno agevolate rispetto agli uomini nell'ambito dei diritti economici e nell'ambito politico: per esempio gli uomini percepiscono degli stipendi più elevati rispetto a loro e spesso ricoprono le cariche più prestigiose all'interno del Parlamento.
Anche nei sindacati operai, dove le le donne sono molte di più, sono gli uomini a ricoprire i ruoli dirigenziali. Nel biennio 1993-1994 inoltre il tasso di disoccupazione femminile è aumentato notevolmente soprattutto tra le donne facenti parte di nuclei familiari numerosi.
Una femminista svedese molto popolare è Gudrun Schyman che fino al 2006 ha fatto parte del Parlamento svedese. La Schyman inoltre fino al 2003 è stata la leader dello Swedish Left Party.
Nel 2005, appoggiando gli ideali del movimento femminista, è stata una delle principali fondatrici della Feminiist Initiative, il partito femminista svedese che alle elezioni parlamentari svedesi del 2006 ha ottenuto solo lo 0,68% dei voti. Gudrun Schyman inoltre afferma che gli uomini che commettono violenze sulle loro mogli devono essere puniti e sanzionati duramente.

In Svezia quindi le donne ottennero diritti molto importanti già dalla seconda metà del XIX secolo e il movimento femminista è diventato sempre più attivo in particolar modo dal 1968 fino ai nostri giorni, battendosi a favore della parità tra uomini e donne.

mercoledì 1 febbraio 2012

L'associazionismo femminile in Sudafrica.



In Sudafrica le donne nere dovettero subire varie forme di discriminazione: sociali, politiche, economiche, culturali. Una delle forme di discriminazione che le colpiva era in ambito familiare, in quanto esse erano soggette   a continue violenze sia da parte dei padri sia da parte dei propri mariti.
Le donne sudafricane dovevano sopportare anche la situazione politica che si era venuta profilando nel loro Paese, dove venne instaurato il regime razzista dell'apartheid. La minoranza bianca sudafricana aveva infatti il controllo del Sudafrica dal punto di vista politico, economico, sociale e culturale. 
Il governo bianco emanò numerosi provvedimenti che erano tesi a colpire le sudafricane nere: per esempio nel 1950 fu varato il "The Urban Act" che limitava tantissimo la mobilità femminile nel Paese, inoltre per circolare nelle varie aree territoriali del Sudafrica le sudafricane nere erano costrette ad avere con sé un lasciapassare.

Essendo stanche dei soprusi e delle discriminazioni che dovevano continuamente subire, nel corso degli anni Cinquanta esse iniziarono a dar vita a tutta una serie di manifestazioni con l'intento di migliorare il loro status sociale. 
Il 1956 fu un anno molto importante, infatti, 146 delegate sudafricane decisero di incontrarsi per discutere dei problemi delle donne nere all'interno del loro Paese e dei diritti umani, che dovevano essere garantiti a tutta la comunità sudafricana. Nel corso degli anni Cinquanta tanti furono gli scioperi organizzati dalle sudafricane per protestare contro il provvedimento del governo bianco, il The Urban Act e per ottenere il pieno riconoscimento dei loro diritti. Una delle manifestazioni più grandi fu organizzata sempre nel 1956; in occasione di questo grande sciopero, che si tenne nel mese di agosto, scesero in piazza ben 20.000 donne sudafricane sempre con l'obiettivo di protestare contro questo impopolare provvedimento governativo. 
Le 20.000 sudafricane che parteciparono a questa imponente manifestazione ebbero anche il sostegno della Federation of South African Women (FSAW).

L'associazionismo femminile divenne sempre più importante in Sudafrica e negli anni Sessanta gli scioperi femminili furono tanti nonostante il governo avesse preso dei provvedimenti impopolari contro le varie organizzazioni che protestavano contro l'apartheid. Dopo decenni di lotte contro l'apartheid, nel corso degli anni Novanta, con l'avvento al potere di Nelson Mandela in seguito a elezioni democratiche, le donne sudafricane ottennero finalmente il riconoscimento dei loro diritti.
Numerosi furono i cambiamenti che si registrarono in Sudafrica a favore delle donne nere: l'innalzamento del livello di istruzione femminile, il rispetto di diritti fondamentali come la libertà di parola e d'associazione, l'espansione dei modelli di informazione, l'affermazione di un network locale e internazionale, la creazione di nuovi modelli di comunicazione, l'inserimento delle sudafricane nere nella realtà locali grazie all'operato di importanti ONG e di organizzazioni religiose.

Con la caduta dell'apartheid, il nuovo governo guidato da Nelson Mandela cercò di tutelare le donne grazie alla nuova Costituzione sudafricana, che garantiva loro di partecipare al processo di ricostruzione del Paese, avendo gli stessi diritti e le stesse opportunità degli uomini. 
Le donne sudafricane quindi, grazie alla loro grande forza d'animo, ottennero dei grandi risultati che le condussero ad emanciparsi notevolmente.




mercoledì 18 gennaio 2012

La prospettiva pittorica e l'uso del colore in Alfred Sisley.


Il paesaggio è il soggetto pittorico più ricorrente nelle tele di Alfred Sisley che lo rappresenta in tutta la sua bellezza e in tutta la sua armonia. Egli mette in pratica nelle sue tele la tecnica en plain air, che consiste nel dipingere le opere artistiche all'aria aperta. I paesaggi che Alfred Sisley rappresenta in molti dei suoi quadri vengono realizzati traendo spunto da luoghi bellissimi e familiari per il celebre pittore impressionista: la Senna, la foresta di Fontainebleau,ecc.
Uno degli aspetti principali che è possibile riscontrare nelle opere artistiche del pittore impressionista è il riflesso dei raggi solari sull'acqua del fiume Senna, che viene reso con grande abilità e con delle tonalità di colore molto realistiche. 

Una delle opere artistiche realizzate da Sisley nel 1892 è "Le Canal du Loing", che è custodito presso il Museo d'Orsay di Parigi. Il dipinto rappresenta il canale situato a Moret-sur-Loing, dove l'artista si trasferisce nel 1882 per il resto della sua vita. La cittadina francese di Moret-sur-Loing è un luogo molto suggestivo e verrà riprodotto da Sisley in varie tele. 
Il Canal du Loing viene dipinto, in questo lavoro, dal lato della sua curvatura. In questo lavoro vengono anche rappresentati dei pioppi della stessa altezza disposti in modo lineare lungo il canale. In lontananza inoltre è possibile intravedere anche la sponda opposta del canale. In questa tela sembra essere rispettato l'elemento prospettico che Sisley utilizza in genere per la rappresentazione di lunghe strade che quasi sembrano scomparire in lontananza. Grande importanza assume anche la rappresentazione del cielo, che è riprodotto con grande attenzione e accuratezza. 
I colori principali che l'artista utilizza sono: il celeste chiaro per la colorazione del cielo e dell'acqua del canale, il bianco per le nuvole e per le case, il marrone chiaro per la colorazionedei pioppi e il verde chiaro per la colorazione della vegetazione rappresentata sul lato destro del quadro.

Un altro dipinto del pittore francese è: "Les Régates à Moseley", realizzato nel 1874 e conservato presso il Museo d'Orsay di Parigi. Questo quadro è dipinto adottando la tecnica di pittura a olio e rappresenta delle regate in corso a Moseley, in Francia. In questo lavoro è evidente l'appartenenza di Sisley al movimento pittorico impressionista, infatti, egli dipinge con pennellate molto rapide e dai colori molto vivaci e intensi come il verde, il celeste, il bianco, il giallo chiaro, il rosso e l'azzurro per la colorazione delle bandiere. Un altro elemento caratteristico dell'impressionismo che qui viene chiaramente rappresentato è il riflesso della luce sull'acqua del fiume. 
Anche in questa tela l'artista da grande importanza alla rappresentazione del cielo che viene reso con colori molto vivaci come l'azzurro e il verde.

Infine un'altra sua celebre opera è "La neve a Louviciennes", dipinto nel 1878 e custodito presso il Museo d'Orsay di Parigi. In questa tela viene rappresentato un paesaggio innevato a Louviciennes. Il colore predominante è il bianco che viene impiegato per la colorazione della neve. Uno degli elementi più evidenti è l'uso del colore da parte dell'artista che sembra voler studiare le variazioni della luce. Tra gli altri colori predominanti vi sono anche il giallo chiaro e il verde chiaro.
L'elemento prospettico è messo in risalto dalla lunga strada ricoperta di neve da cui in lontananza è possibile scorgere una personaggio molto piccolo. Questo capolavoro artistico infonde una sensazione di armonia tipica dei paesaggi invernali innevati.




domenica 1 gennaio 2012

Il femminismo italiano tra lotte e conquiste importanti.


Il movimento femminista italiano iniziò a essere operativo nel 1969, manifestando accanto ai giovani italiani che diedero vita alla rivolta studentesca. Le donne italiane avevano quale obiettivo la piena parità di diritti tra uomo e donna e nel 1971 il loro operato divenne ancora più incisivo, infatti, fu fondato nella città di Trento un circolo femminista, noto come Lotta femminista. L'anno seguente inoltre un gruppo di persone pubblicò anche un testo che criticava con durezza lo stato di oppressione che le donne erano costrette a subire sia nel luogo di lavoro sia nell'ambiente familiare (La coscienza sfruttata).
Le esponenti del movimento femminista italiano avevano quale obiettivo principale la totale liberazione delle donne da ogni forma di oppressione imposta dalla società maschilista. Esse volevano ottenere diritti importanti dal punto di vista sociale, economico, politico, giuridico.

Le richieste che le femministe italiane fecero furono molto importanti: la legalizzazione dell'aborto, la parità giuridica all'interno del nucleo familiare tra marito e moglie (pari diritti e responsabilità all'interno della famiglia, eliminazione della dote, la comunione dei beni, patria potestà per entrambi i coniugi, ecc.), l'istituzione del divorzio, la creazione di asili nido, parità di salario tra uomo e donna nel mondo del lavoro.
Durante le proteste femminili e studentesche le donne ottennero due importanti successi: l'adulterio non era più considerato come reato e la separazione nel caso in cui a commettere adulterio fosse stato il marito.
Nonostante questi due risultati importanti, però vi erano numerosi aspetti da cambiare a livello legislativo: per esempio le donne, una volta separate, non avrebbero potuto risposarsi e il divorzio ancora non esisteva.
Dopo innumerevoli lotte, venne presentato un progetto di legge che istituiva il divorzio; questo progetto divenne Legge il 1°dicembre 1970, ma fu messa in discussione da Democrazia Cristiana e dalla Chiesa, contrarie al Testo di legge.
Per questo motivo fu sottoposta a referendum da parte dei membri della DC a e della Chiesa che volevano abrogarla. Il risultato del referendum popolare però non ebbe esito positivo per i democristiani e per i cattolici, per cui la Legge rimase in vigore.

Le donne italiane in questi anni dimostrarono il loro grande carattere, non solo ottenendo innumerevoli successi, ma anche riuscendo a organizzarsi molto bene, dando vita ad assemblee, riunioni e coordinando molto bene la lotta per il riconoscimento dei loro diritti.
Tra le principali esponenti del femminismo italiano vi erano: Carla Accardi, Elvira Banotti, Carla Lonzi, Francesca Garavini.

Carla Lonzi era una critica d'arte e divenne una delle principali esponenti del femminismo in Italia. A suo avviso le donne erano vittime di un modello sociale maschilista che le opprimeva ed è proprio per questo motivo che esse si sarebbero dovute riscattare, esprimendo le loro opinioni personali.
La Lonzi affermava anche che queste si sarebbero dovute liberare dalla situazione di dominio maschile anche nell'ambito della sfera sessuale. Questi principi venivano sottolineati nel suo scritto: "Sputiamo su Hegel", in cui sosteneva che la donna era oppressa dall'uomo non solo dal punto di vista sociale, ma anche dal punto di vista sessuale.
A suo avviso Hegel definiva l'essere donna non come una condizione umana, ma come una condizione derivante da principi di natura divina. Il filosofo affermava anche che essa non doveva essere considerata nella sua soggettività, bensì come essere inferiore all'uomo inquadrabile soprattutto come parte integrante del contesto familiare. Carla Lonzi criticava aspramente questi aspetti del pensiero hegeliano che consideravano la donna come assoggettata al modello sociale patriarcale.

Il movimento femminista in Italia quindi ebbe un grande successo e ottenne risultati molto importanti, nonostante l'opposizione da parte della Democrazia Cristiana e della Chiesa cattolica.