sabato 31 marzo 2012

Pallade e il Centauro, quando mito e storia si intrecciano.


Uno dei temi ricorrenti nei dipinti di Sandro Botticelli è il mito che viene rappresentato in modo molto realistico. Un'opera artistica molto nota è "Pallade e il Centauro", dipinta dall'artista italiano tra il 1482 e il 1485 e custodita presso la Galleria degli Uffizi di Firenze. In passato la tela si trovava presso il palazzo di Giovanni di Pierfrancesco De' Medici e di Lorenzo De' Medici. In questo quadro Sandro Botticelli utilizza dei colori a tempera su una tela di lino.
Questa è una delle opere artistiche che meglio fanno comprendere il rapporto tra il celebre artista italiano e la famiglia De' Medici. Per molto tempo essa è stata identificata in modo errato con un altro dipinto, "lo Stendardo", che in realtà è andato perduto.

Nella tela viene rappresentata una donna dalla carnagione chiara e lunghi capelli biondi che con la mano destra afferra il ciuffo di capelli di un centauro che viene rappresentato nell'atto di chiedere pietà e clemenza. La giovane donna, che rappresenta Pallade(Atena), con la mano sinistra invece tiene ben salda un'alabarda.
Per meglio comprendere il significato di questa celebre opera artistica, è importante delineare con attenzione il contesto storico in cui è stata realizzata.
In quegli anni, infatti, Firenze è al centro di una congiura- "La Congiura dei Pazzi"- ordita dal cardinale Raffaele Riario, nipote del papa Sisto IV, con il sostegno della famiglia nobile fiorentina dei Pazzi. I bersagli di questa congiura erano Lorenzo De' Medici e suo fratello; l'obiettivo era quindi quello di uccidere i due esponenti della famiglia medicea che sarebbero stati poi sostituiti da Girolamo Riario, un altro nipote di Sisto IV. Uno dei risultati più importanti che si sarebbero voluti ottenere con tale congiura inoltre sarebbe stato quello di assoggettare la città di Firenze a Roma.
Lorenzo il Magnifico però venne a conoscenza del complotto organizzato ai suoi danni, così fece arrestare e impiccare l'arcivescovo di Pisa, Francesco Salviati che aveva cospirato contro di lui e rafforzò ulteriormente il suo potere. I rapporti tra la sua famiglia e la Chiesa romana continuarono però a essere conflittuali, poichè il papa decise di condurre una vera e propria guerra contro Firenze.
Questo conflitto però non fu mai combattuto perchè Lorenzo il Magnifico riuscì, con la sua grande abilità diplomatica, a stringere numerose alleanze politico-strategiche. La Chiesa era isolata in tale circostanza, dovendo così rinunciare a un possibile scontro con Firenze.

La connessione tra questo capolavoro artistico e questo noto evento storico è molto evidente, infatti, si pensa che il Botticelli lo avesse realizzato per celebrare le grandi doti diplomatiche di Lorenzo De' Medici che era riuscito a evitare l'insorgere di un terribile conflitto contro la Chiesa.
Secondo una delle interpretazioni allegoriche Atena, dea delle arti e della saggezza, rappresenterebbe Lorenzo il Magnifico, mentre il Centauro rappresenterebbe la Chiesa che fu sconfitta sul piano diplomatico dall'abile nobile fiorentino. Secondo un'altra interpretazione l'opera potrebbe anche fare parte dei beni passati dal patrimonio di Lorenzo De' Medici a quello di Lorenzo minore, quando si verificò il fallimento del banco mediceo.

Analizzando meglio il soggetto pittorico è possibile ammirare la preziosità delle vesti della dea Atena, abbellite con serti di olivo, diamanti in castone d'oro e foglie d'acanto. Al centro del petto della donna viene rappresentato anche un anello diamantato. Sopra il capo inoltre la donna indossa invece una corona realizzata con foglie d'acanto.
Nelle vesti bianche della dea viene inoltre riportato anche lo stemma della famiglia medicea. La dea indossa anche un mantello verde scuro e i piedi sono coperti da calzari arancioni. Dietro le sue spalle essa indossa anche uno scudo. Sullo sfondo infine viene rappresentato un paesaggio marino e una nave che sta per partire.

In questo dipinto quindi uno degli obiettivi di Sandro Botticelli è quello di volere rappresentare una scena ripresa dal mito per analizzare con grande probabilità un evento storico volto a elogiare Firenze e la famiglia De' Medici.

lunedì 19 marzo 2012

Ciro il Grande: un sovrano illuminato e dalla grande indole militare.


Il regno persiano si affermò con il re Ciro II a partire dal 558 a. C.; i persiani guidati da Ciro II riuscirono a conquistare i vari territori dell'altopiano iranico, sottomettendo il popolo dei Medi, da cui acquisirono usi e costumi. Il celebre sovrano persiano fu il capostipite quindi della dinastia degli Achemenidi, gettando le basi del glorioso Impero che sarebbe stato in grado di fronteggiare, con i suoi futuri sovrani, gli antichi Greci in varie battaglie.

L'ascesa del sovrano persiano iniziò con la conquista della città di Ecbatana nel 550 a. C. Nel giro di pochi anni egli riuscì a conquistare nuove terre: nel 549 a. C. sconfisse suo cugino Arsame e riuscì ad annettere il regno di Parsua, due anni dopo si scontrò con le armate del re Creso di Lidia e, dopo averlo sconfitto in varie battaglie, lo costrinse alla resa finale nella Capitale del regno, Sardi (Asia Minore).
Grazie alle vittorie riportate tra il 545 a. C. e il 539 a. C., Ciro II ottenne i territori dell'Aracosia, della Battriana, della Drangiana, della Corasmia e della Sogdania. 
Il regno persiano diventava dunque sempre più importante e i suoi territori si espandevano fino all'Asia Minore, allo Iaxarte e all'Oxus. Ciro il Grande combatté un'altra grande battaglia nel 539 a. C., conquistando il regno babilonese. Il sovrano ebbe il consenso dei babilonesi, poiché permise alla vecchia classe dirigente di rimanere al potere e rispettò inoltre gli usi, i costumi e la religione locale. 
Uno dei primi provvedimenti importanti adottati dal sovrano persiano fu l'Editto del 538 a. C. con cui permise al popolo ebraico di ritornare nella propria terra natale e di ricostruire a Gerusalemme il proprio tempio.

Varie gloriose battaglie furono combattute dal grande esercito persiano, che riuscì ad annettere nuovi territori come la Siria, varie città fenicie e alcune regioni e confini nordorientali della Persia. Gli unici territori che Ciro II non riuscì a conquistare furono l'Egitto e Sparta, anche se progettava da tempo la loro annessione che sarebbe dovuta avvenire con grandi campagne militari.
Queste annessioni territoriali sarebbero state condotte dopo la sua morte per opera dei suoi successori al trono.  Ciro II, detto Il Grande, garantì lo sviluppo culturale e politico del grande regno che aveva creato; in primo luogo il re decise di porre come Capitale del suo regno la città di Pasargade, facendovi costruire monumenti fastosi e regali. In questa città venne costruito il palazzo reale e la celebre tomba del sovrano.
In futuro però la Capitale dell'Impero Persiano sarebbe diventata Persepoli, che fu poi nota per l'investitura regale dei vari sovrani.

Ciro il Grande fu un re molto rispettoso delle tradizioni, degli usi e delle religioni dei popoli sottomessi, amministrando quindi con grandezza e saggezza i suoi vasti territori. Egli era anche amante dell'arte e della cultura e era anche noto per le sue grandi abilità militari. Il primo re della dinastia degli Achemenidi morì nel 529 a. C. durante la campagna militare persiana contro i Massageti, popolazioni nomadi dell'Asia centrale, che in quel periodo stavano minando i confini orientali del grande Impero.

Ciro il Grande fu un sovrano illuminato, celebre per la sua grande umanità e per il suo amore per la cultura e l'arte. Egli però non riuscì a concludere il suo grande progetto, ovvero quello di trasformare dal punto di vista politico lo Stato persiano.    


domenica 4 marzo 2012

La lotta degli indiani americani e delle femministe chicane per l'ottenimento dei propri diritti.


Nel corso degli anni Sessanta anche gli indiani americani e le femministe chicane iniziarono la loro lotta per l'ottenimento di diritti fondamentali. Gli indiani americani erano costretti a vivere nelle riserve e avevano subito  passivamente le concessioni fatte loro dai bianchi americani. Nel 1924 divennero ufficialmente cittadini, anche se dieci anni dopo gli indiani americani iniziarono a formare dei governi di tipo tribale e, nonostante avessero ottenuto la cittadinanza, erano considerati come delle persone differenti rispetto ai bianchi americani dal punto di vista culturale.
Con il passare degli anni la situazione stava diventando sempre più insostenibile per loro: la disoccupazione era salita notevolmente, raggiungendo il 40%, molti giovani si suicidavano e con il tempo queste popolazioni stavano perdendo la propria identità culturale. Nel 1944 fu fondato il National Congress of American Indians, un'organizzazione che si prefiggeva quale obiettivo quello di ottenere i diritti degli indiani americani e delle popolazioni native dell'Alaska.
Quest'importante organizzazione inoltre aveva anche altri due importanti obiettivi: unire le tribù delle popolazioni  native americane e di recuperare la propria identità etnica e culturale.

Dopo anni difficili contrassegnati da umiliazioni e dalla perdita della loro identità culturale e etnica, nel 1961 finalmente i giovani di queste popolazioni iniziarono a pensare che era necessario fare qualcosa per cambiare il loro status sociale e per cercare di riconquistare i loro diritti.
Essi quindi si organizzarono per bene e fondarono l'Indian Youth Council, che si era prefisso quale fine quello di voler lottare in modo non violento per il riconoscimento dei loro diritti fondamentali. La lotta per il raggiungimento dei diritti fondamentali fu pacifica, anche se all'interno del movimento indiano vi era una frangia radicale, l'American Indian Movement, che fu protagonista di due episodi molto importanti: l'occupazione di Wounded  Knee e del Boureau of Indians Affairs, sito a Washington.


Se i giovani indiani volevano cambiare la situazione in cui si trovavano, anche le femministe chicane volevano lottare per il riconoscimento dei loro diritti basilari; nel 1971 quindi esse si diedero da fare per organizzare la prima conferenza nazionale femminista chicana.
La scrittrice Gloria Anzaldùa è considerata come una delle principali esponenti del femminismo chicano e nei suoi scritti uno dei temi ricorrenti è il confronto tra culture e civiltà diverse. Nei suoi testi viene più volte descritto il concetto di frontiera, che viene visto non come un elemento che divide, ma che al contrario è mobile. Inoltre vivere nella frontiera non è così semplice, poiché richiede un dialogo costante e tanta diplomazia.

L'elemento che accomunava il movimento degli indiani americani e le femministe chicane era quindi quello di voler raggiungere con mezzi pacifici i propri diritti che venivano loro negati dal governo federale bianco.